Le ferite morali degli operatori sanitari

Le ferite morali degli operatori sanitari

Oggi vogliamo sottoporre alla vostra attenzione alcune riflessioni, prendendo spunto dal lavoro di Neil Greenberg e colleghi, pubblicato lo scorso 26 Marzo su “British Medical Journal”.

Abbiamo sentito a lungo in televisione, tramite social e giornali l’attribuzione del ruolo di eroi per gli operatori sanitari che in tutto lungo periodo hanno operato silenziosamente, nel dolore e sofferenza, arrivando a livelli importanti di stress e tensione. Oltre a questi fattori, è necessario riconoscere che in molti si sono trovati di fronte a scelte drastiche: decidere come destinare le poche risorse disponibili a pazienti con necessità equivalenti, come bilanciare le esigenze personali di assistenza fisica e mentale con quelle dei pazienti, come bilanciare i loro desideri e i loro doveri verso i pazienti con quelli verso la famiglia e gli amici e come fornire assistenza a tutti i pazienti gravemente malati con risorse limitate o inadeguate. Tutti questi elementi possono aver causato lo sviluppo di disturbi mentali o anche quelle che gli autori definiscono “ferite morali”.
La ferita morale, un termine che ha avuto origine in campo psicologico nel settore del supporto ai militari e può essere definito come il disagio psicologico che deriva da azioni o dalla mancanza di tali, che violano il codice morale o etico degli individui. Risulta lampante l’esempio dei militari costretti ad eseguire ordini che violano i principi e i valori morali individuali e collettivi. Così come nell’esempio in campo militare, anche nell’emergenza sanitaria si possono presentare dilemmi con cui fare i conti. Si può dire comunque che coloro che sviluppano ferite morali provino pensieri negativi su se’ stessi o sugli altri (in termine di giudizio negativo come “Sono una persona terribile” o “Ai miei superiori non importa della vita delle persone”) così come intensi sentimenti di vergogna, colpa, o disgusto. Questi sintomi possono contribuire allo sviluppo di difficoltà psicologiche, tra cui depressione e disturbo da stress post-traumatico. Ovviamente non necessariamente una persona sottoposta a questi stressor e alle responsabilità su scelte delicate sviluppa la sintomatologia sopra indicata, ma esiste anche la possibilità che si presenti in termini di una crescita della resilienza ed autostima per il superamento di una grossa sfida in momenti di emergenza.
Ciò che sottolineano gli autori è certamente che le conseguenze opposte che possono presentarsi in queste situazioni, possono dipendere molto dal modo in cui gli individui vengono supportati prima, durante e dopo l’evento stressante. Queste riflessioni, emerse e sorrette comunque da molti studi nell’ambito della psicologia dell’emergenza, devono portare a riflettere sull’importanza della prevenzione e degli interventi precoci. In particolare è utile ricordare, come avviene anche per altri interventi, l’importanza di un team leader e di un supervisore professionista per i momenti di debriefing dove si possa dare voce al lavoro svolto, alle difficoltà incontrate e alle emozioni che stanno travolgendo gli individui in quel momento.
Con l’evento del Covid-19, purtroppo nessuno era preparato a rispondere ad un’emergenza così importante e tutti i servizi messi in campo hanno permesso certamente di ridimensionare per quanto possibile l’impatto emotivo degli eventi, delle ferite morali e dei sentimenti che hanno accompagnato gli operatori sanitari di tutto il mondo in questo difficile periodo.
La sfida si pone ora nei confronti del futuro, dove le autorità sanitarie e politiche dovranno essere pronte, con un sistema rapido ed evidence based, a sviluppare un modello di prevenzione e cura che possa garantire maggiore supporto al personale sanitario e riorganizzazione delle equipe o “team”.
Da professionisti della salute, è necessario porsi nell’ottica di “proteggere” gli operatori, col supporto delle autorità sanitarie e politiche, per mettere in campo maggiori risorse e realizzare team funzionali e ben attrezzati per le evenienze.

 

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